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CINQUANTENARIO
D’UN EQUIPAGGIO
A distanza di dieci lustri dal varo della Stella Polare,
rievocato il suo fiero inizio nell’anno addestrativo 1965-66
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Uno dei più grandi ammiragli di tutti i tempi, o più credibilmente – secondo le valutazioni più professionali [1] – il più grande in assoluto, fu Marco Agrippa: l’artefice ed il comandante in capo delle forze navali che consentirono ad Ottaviano Augusto di vincere tre durissime guerre marittime, nel Tirreno, nell'Adriatico e nello Ionio [2], e di stabilire nell’intero Mediterraneo quella situazione di pace sulla quale poté saldamente poggiare la fondazione dell'Impero. Di questo geniale personaggio si disse che, mentre faceva costruire sulle rive del lago d’Averno la prima poderosa nuova flotta ch’egli stesso aveva concepito, mentre faceva anche allestire la relativa base navale del Portus Iulius, con importanti infrastrutture ed opere difensive, la sua maggiore preoccupazione fosse riservata all’addestramento del personale, oggetto della sua costante cura ed attenzione per un intero inverno [3]. In particolare, in aggiunta alle esercitazioni svolte ogni giorno nelle ampie acque interne del complesso portuale, risulta che egli sfruttasse sistematicamente le giornate di burrasca per fare uscire le navi in mare aperto allo scopo di abituare gli uomini alla navigazione nelle condizioni più severe [4]. Sui risultati di tale addestramento non potremmo dubitare, perché quegli equipaggi si dimostrarono, in ogni circostanza e contro ogni avversario, assolutamente invincibili.
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Saltando dall’antichità romana all’epoca contemporanea, qualcosa di simile accadde anche a noi, il primo ed unico equipaggio incaricato di compiere un’intera crociera addestrativa su di una piccola nave-scuola a vela della Marina Militare in pieno inverno. Tale anomala scelta dello Stato Maggiore della Marina scaturì verosimilmente da una fortuita casualità: quella dell’inizio fuori stagione della disponibilità della Stella Polare, varata sul finire dell’estate del 1965.
Questa nuova unità, in effetti, era stata voluta per raddoppiare – portandoli da dieci a venti – il numero dei giovani ufficiali cui far compiere, dopo l’Accademia Navale, delle crociere utili per conseguire la miglior possibile conoscenza del mare ed il più completo addestramento marinaresco. All’epoca del varo, inoltre, veniva anche annunciata un’altra ambiziosa finalità: “L’attività della Stella Polare consisterà in crociere nel Mediterraneo e negli Oceani con partecipazione a tutte le più importanti regate internazionali, alla ricerca di risultati che possano reggere il confronto con quelli brillantissimi già conseguiti dal gemello Corsaro II” [5].
Il nostro corso d’Accademia Navale aveva incontrato questo prestigioso yacht-scuola tre anni prima, nell’estate 1962, durante la crociera sul Vespucci. Entrando nell’estuario del fiume Dart, sulla costa meridionale dell’Inghilterra, avevamo visto il Corsaro II venirci incontro ostentando una lunghissima fiamma che, partendo dalla sommità dell’albero di maestra, andava a lambire la superficie del mare, quale indice delle migliaia di miglia percorse in poco più di un anno [6] negli oceani di tutto il globo. Quell’incontro memorabile, peraltro avvenuto nelle acque di Dartmouth che avevano a suo tempo accolto i corsari di Francis Drake, ci aveva a tal punto colpito da risultare determinante al momento in cui dovemmo scegliere il nome da attribuire al nostro corso: “i Corsari”.
All’uscita dall’Accademia, pertanto, molti di noi avrebbero voluto imbarcare sul Corsaro II, soprattutto quelli che avevano svolto più attività veliche e regate, sia nelle acque di Livorno, sia nelle competizioni d’altura affrontate nel mar Ligure a bordo dei RORC 3a classe dello Sport Velico della Marina Militare, come il Cigno, il Levriere e la sventurata Orsa Minore. La sorte ci offrì invece, con l’inatteso raddoppio delle possibilità d’imbarco sui RORC 1a classe, la nuovissima Stella Polare: anch’essa era stata progettata – come il quasi gemello Corsaro II – dai migliori architetti navali dell’epoca, gli statunitensi Stephen e Sparkman, che vi avevano apportato varie migliorie intese a renderla ancor più competitiva [7].
Ma prima ancora di parlare del nostro imbarco sulla Stella Polare per la crociera invernale, che ebbe effettivamente un valore straordinario ed irripetibile, occorre ricordare brevemente in quale favorevolissimo contesto avemmo la fortuna di trovarci.
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Eravamo nel bel mezzo dei “favolosi” anni ’60. Uscita con le ossa rotte ed il morale in frantumi da una guerra malamente persa, spietatamente devastante e crudelmente fratricida, la nostra gente aveva rialzato orgogliosamente la testa e, essendosi rimboccata le maniche, affrontava operosamente il presente, guardando con fiducia al futuro. L’Italia del “miracolo economico” si era già mostrata al mondo, straordinariamente bella, determinata, dinamica ed efficiente, in occasione dei giochi della grande Olimpiade di Roma, avendo nel contempo ottenuto per la nostra lira l’Oscar della moneta più salda dell’Occidente.
Lo stesso spirito di intraprendenza e rinnovamento stava coinvolgendo la nostra Marina Militare. Anche se la nave ammiraglia della flotta era ancora l’incrociatore Garibaldi, che aveva combattuto nella II Guerra Mondiale, essa era stata interamente ricostruita, diventando una delle unità di maggior spicco del Mediterraneo, con il più potente radar di scoperta aerea mai imbarcato e con un innovativo sistema di tubi di lancio di concezione italiana per missili balistici [8]. Nello stesso periodo era già avvenuta l’entrata in servizio delle fregate classe Bergamini, che furono le prime unità portaelicotteri al mondo, seguite dalle quattro prime navi missilistiche di difesa aerea progettate e costruite in Italia (incrociatori Duilio e Doria, cacciatorpediniere Impavido ed Intrepido), mentre venivano messi in cantiere gli innovativi primi due sommergibili anti-sommergibili della classe Toti.
Nel campo civile i risultati non erano da meno: la nostra flotta mercantile, che aveva assunto una consistenza fra le maggiori al mondo, si era arricchita di transatlantici di grande prestigio, come il Leonardo da Vinci, che aveva sostituito la perduta Andrea Doria ed era stato seguito dalle gemelle Michelangelo e Raffaello, splendide ambasciatrici del design italiano e di una cantieristica di prim’ordine. In quegli anni venne addirittura annunciato l’intendimento di dotare il Leonardo da Vinci della propulsione nucleare. Quel progetto venne poi abbandonato, ma esso risultava del tutto coerente con gli studi che si stavano sviluppando nel nostro Paese.
Noi stessi avevamo visitato con il massimo interesse ed ammirazione il reattore nucleare Galileo Galilei di S. Piero a Grado, creato ai fini dell’addestramento e della ricerca per il CAMEN [9], l’Accademia Navale e l’Università di Pisa, ed utilizzato da parte di tutti gli enti pubblici e privati interessati allo sviluppo delle conoscenze e delle applicazioni pratiche dell’energia nucleare nel campo militare e civile, incluso quello medico e biologico. In quell’epoca, infatti, la fisica italiana manteneva ancora la sua storica posizione di avanguardia anche in tali materie.
Si trattava in effetti di un epoca in cui gli Italiani amavano misurarsi con ogni possibile sfida, incuranti delle difficoltà da superare e del gravoso impegno necessario. Un esempio emblematico era stato costituito dal progetto San Marco che, con il lancio del suo primo satellite, aveva assicurato all’Italia il terzo posto, dopo Unione Sovietica e Stati Uniti, fra le potenze impegnate nell’invio di strumenti di ricerca nello spazio [10].
Questo era dunque il contesto generale in cui eravamo immersi mentre frequentavamo l’Accademia Navale. Non avevamo alcuna difficoltà ad amare questa nostra dolce e generosa Patria, al cui servizio ed alla cui difesa ci eravamo votati; non avevamo complessi di inferiorità nei confronti di alcun altro Paese e sapevamo che nessun traguardo poteva esserci precluso.
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Eccoci allora imbarcare, pochi mesi dopo l’uscita dall’Accademia, sulla nuova e promettente piccola nave-scuola a vela il cui nome, Stella Polare, riprendeva quello del brigantino a palo utilizzato dal Duca degli Abruzzi per la spedizione che nel 1900 era giunta a soli 380 km dal Polo Nord.
Dei dieci giovani ufficiali imbarcati per addestramento, otto di noi eravamo usciti dall’Accademia Navale con il corso Corsari [11], mentre gli altri provenivano dai corsi di complemento [12]. L’Ufficiale in Seconda ed il personale CEMM completavano l’equipaggio [13], mentre al Comando era stato posto il Tenente di Vascello Giancarlo Basile, un pilota di Marina dotato di una lunga e profonda esperienza velica, oltre che di mentalità vincente [14].
Uomo di poche parole, ma chiarissimo ed esaustivo in tutte le sue direttive ed i suoi comandi, ci ha guidato soprattutto con l’esempio, mostrandoci come compiere ogni singola manovra nel modo più efficace, rapido e sicuro, e spronandoci a migliorare costantemente. Nel periodo del collaudo e delle prove in mare, lo abbiamo visto mettere personalmente a punto la manovre fisse dell’alberatura e tutti gli altri cavi d’acciaio presenti in coperta, come le indispensabili draglie di sicurezza che correvano fino a prora. Egli stesso regolava la tensione degli arridatoi e compiva varie altre operazioni insieme al nostromo, utilizzando la sua pinza regolabile autobloccante, un attrezzo che all’epoca era un’autentica primizia e nella quale egli riponeva una fiducia perlomeno pari a quella che noi nutrivamo per i nostri onnipresenti coltelli da nocchiere.
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Terminate le verifiche e le uscite in mare preliminari della cosiddetta pre-crociera, partimmo finalmente per la crociera vera e propria, o “campagna addestrativa” secondo la terminologia ufficiale, salpando da La Spezia il primo novembre in direzione di Cannes.
Una descrizione particolareggiata della tormentata navigazione iniziale della nostra crociera invernale è stata già pubblicata sul numero 34 di questo Notiziario [15]. Per completezza, devo aggiungere che eravamo divisi in due squadre, che si alternavano in coperta. Nel mio ruolo di Ufficiale di Rotta, avevo già efficacemente sperimentato la possibilità di effettuare un’attendibile navigazione stimata raccomandando ad ogni squadra di guardia di annotare periodicamente su di un apposito brogliaccio la rotta media mantenuta dal timoniere e le miglia percorse segnate dal contatore continuo del solcometro ad elica rimorchiata (log contamiglia). Ma la mattina del nostro previsto arrivo a Cannes, quando la nostra squadra salì in coperta per rilevare quella che era stata di guardia nella seconda metà della notte, mi accorsi con mio sommo disappunto che nessuno era stato in grado di annotare i predetti dati poiché erano tutti “a pagliolo”, cioè talmente oppressi dal mal di mare da mostrarsi incapaci di compiere qualsiasi azione, tanto che lo stesso Comandante era stato costretto a rimanere al timone per ore ed ore.
La Stella Polare aveva continuato a procedere per Sud-Ovest su di una rotta pressoché parallela alla costa, che si intravvedeva appena. Sulla carta nautica l’ultimo punto nave risaliva a sei ore prima, ma da un sommario apprezzamento della velocità mantenuta pareva che avessimo ampiamente superato il traverso delle Iles de Lérins, che delimitano ad Est il golfo di Cannes e che avrebbero dunque dovuto vedersi come l’estremo limite, verso poppa, della costa che riuscivamo a distinguere. Accostammo dunque risolutamente verso quello che appariva come il centro del golfo: man mano che ci avvicinavamo alla costa alcuni già riconoscevano i grandi alberghi della città francese, anche se nulla di quanto si vedeva mi sembrava familiare, pur avendo io stesso una buona conoscenza personale di quel litorale, meta di molte delle mie licenze estive più recenti, poiché mio padre era stato destinato fino all’anno prima presso il nostro Consolato Generale a Nizza.
Quello che mi rendeva sempre più nervoso era la constatazione che le presunte isole de Lérins continuavano ad essere saldamente attaccate alla terraferma, mentre tutti i rilevamenti dei limiti di costa, che prendevo con il mio fido rilevatore portatile, non erano affatto coerenti con la nostra meta. Dovetti quindi ammettere di non essere più in grado di mettere sulla carta nautica alcun punto nave, perché eravamo andati troppo oltre la Punta Saint Marc (limite orientale del golfo di Cannes) e non possedevamo la cartografia a ponente di quel promontorio. La dotazione di carte fornitaci per la crociera era infatti stata strettamente limitata alle rotte previste, senza una prudenziale estensione alle coste contigue. Alcuni rilevamenti radiogoniometrici presi dal Comandante confermarono presto questa valutazione.
Risalimmo dunque nuovamente la costa francese con rotta Nord-Est e raggiungemmo infine Cannes con un inevitabile ritardo, che non ci impedì tuttavia di onorare l’invito del Console Generale d’Italia a Nizza, dott. Giacomo Profili, che offrì una colazione nella sua residenza al nostro Comandante ed a tre di noi, richiedendo specificamente la mia presenza poiché mi aveva già conosciuto personalmente.
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La travagliata navigazione fino a Cannes era poi stata oggetto di un energico richiamo collettivo da parte del Comandante, perché era ovviamente inaccettabile che un’intera squadra si fosse lasciata annientare dalla naupatia. Personalmente non mi sentivo minimamente toccato da quel sacrosanto rimbrotto, perché non ho mai sofferto il mal di mare, ma essendo invece del tutto refrattario ad esso, ero uno dei pochi ad assolvere l’ingrato compito di vuotare a mare i buglioli frequentemente utilizzati da tutte le vittime della naupatia per sgravarsi lo stomaco. Bruciava invece dolorosamente, anche se nessuno me lo fece pesare, l’orgoglio ferito dell’Ufficiale di Rotta che, sebbene inconsapevolmente penalizzato dal mal di mare altrui, si era trovato privo di elementi sufficienti per assolvere la sua funzione primaria.
Si trattò tuttavia di un insegnamento estremamente salutare, perché mi indusse ad adottare ogni possibile precauzione per evitare il ripetersi di ogni altra turbativa alla condotta della navigazione, qualsiasi fosse stato il tormento cui veniva sottoposta la barca dalle burrasche così frequentemente incontrate lungo tutto l’arco della nostra crociera invernale, fra Cannes, Malta, Corfù e Trieste, con un duplice periplo della nostra Penisola da novembre a febbraio. D’altro canto, la cronica instabilità delle condizioni meteo, provocando repentini groppi ed improvvisi rovesci, sferzanti libecciate nel Tirreno, irruenti sciroccate nello Ionio e nel Canale di Sicilia, Bora, neve e gelo in Adriatico, venti fino a 40 nodi in pressoché tutti i bacini, burrasche con raffiche a 50 nodi e mare forza 5, fu la migliore palestra per farci acquisire la più intima conoscenza degli elementi e la migliore confidenza con la barca, abituandoci ad eseguire ogni manovra con rapidità e precisione in qualsiasi condizione meteomarina.
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Il nostro formidabile addestramento invernale ha costituito un prezioso ed insuperabile bagaglio di esperienza marinara che ci ha accompagnato per tutta vita, risultando particolarmente utile a livello individuale per chi ha proseguito la carriera in Marina ed ha a sua volta dovuto condurre delle navi per mare. Sul piano più prettamente velico, abbiamo invece avuto la fortuna di poter mettere a frutto il nostro addestramento pochi mesi dopo, nell’estate che concludeva quello stesso anno addestrativo.
In quei tempi felici Marivela [16] era stata posta sotto la prestigiosa direzione del già leggendario Agostino Straulino, allora Capitano di Vascello. Non fu pertanto molto difficile al nostro Comandante Giancarlo Basile ottenere il temporaneo richiamo a bordo della Stella Polare del suo primo equipaggio, per far partecipare la barca alla regata della Giraglia, la maggiore competizione velica d’altura del Mediterraneo. Solo tre Ufficiali del primo equipaggio non poterono essere resi disponibili, per esigenze di servizio: essi vennero sostituiti da altri due Corsari ed un Ufficiale di complemento [17], tutti in possesso di eccellenti esperienze veliche.
La Giraglia del 1966 fu dunque l’occasione del promettente debutto della Stella Polare nelle competizioni internazionali, un debutto che non è certamente passato inosservato, visto che la barca giunse prima in tempo assoluto e stabilì su quel celebre percorso di regata un primato di velocità destinato a rimanere imbattuto per ben 18 anni.
I Lettori di questa rivista in formato digitale hanno già avuto occasione di leggere la descrizione della regata dalla penna del nostro Comandante [18]. Posso solo aggiungere un paio di considerazioni personali. Innanzi tutto, da Ufficiale di Rotta, mi sembra appropriato sottolineare che un indubbio contributo alla vittoria è stato fornito dalla miglior rotta seguita dalla Stella Polare. La nostra, in effetti, non era la barca più veloce in assoluto: se l’Hermitage si è dimostrata in grado di raggiungerci, il Gitana IV ci avrebbe sicuramente battuto di gran lunga se solo avesse seguito una rotta più diretta verso il traguardo. Ma il nostro successo è certamente dipeso da un complesso di fattori ben più ampio, quali il nostro addestramento ad operare con tempestività anche nelle condizioni più difficili, la nostra consapevolezza di poter vincere – in accordo con la mentalità tipica di quell’epoca –, il perfetto assetto della barca, la qualità delle vele che avevamo imbarcato per quell’occasione, l’abilità di un timoniere eccezionale come Gigi Croce, nonché, al di sopra di tutto, la perizia e lungimiranza del nostro Comandante.
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A distanza di cinquant’anni dall’inizio della nostra straordinaria avventura, l’ormai “storico” primo equipaggio ha voluto onorare la prestigiosa ricorrenza riunendo idealmente a bordo della Stella Polare tutti i suoi componenti, inclusi quelli che sono stati fisicamente assenti per cause di forza maggiore. L’occasione è stata data dal previsto trasferimento dell’Unità dall’Argentario a Gaeta, fra due serie di regate cui essa doveva partecipare sia come “barca d’epoca”, sia nella sua perdurante e primaria veste di efficiente e validissima nave-scuola. Tenuto conto degli esistenti vincoli, illustrati dall’attuale titolare di Marisportvela, Capitano di Vascello Roberto Bottazzi Schenone, e grazie alla squisita cortesia e sensibilità del Sottocapo di Stato Maggiore della Marina, Ammiraglio di Squadra Claudio Gaudiosi, si è reso possibile organizzare la nostra celebrazione del cinquantenario a bordo della Stella Polare in breve sosta nel porto turistico di Riva di Traiano, il 23 giugno 2015. Le fotografie che illustrano questo articolo si riferiscono tutte a tale riuscitissimo evento.
Accolti con spontaneo e tangibile calore dall’attuale Comandante della nave, Tenente di Vascello Sergio Cozzo, e dal suo equipaggio, con la cornice dei giovani allievi del Morosini [19] imbarcati per addestramento velico, abbiamo rievocato nel migliore dei modi la nostra esperienza che, pur vecchia di dieci lustri, ha dato inizio alla storia di questa ancor splendida barca, nata per vincere e mantenutasi sempre altrettanto bella, curata, efficiente e combattiva.
Nell’ambito dello scambio di doni, particolarmente estesi e curati da parte della Stella Polare, il Comandante Basile ha voluto lasciare a bordo, a disposizione dell’attuale e dei futuri equipaggi, una copia del suo “Vocabolario del Velista” [20], esortando tutti ad utilizzare sempre le parole più corrette tramandateci dalla nostra lunga e ricca tradizione velica, per non assecondare il progressivo imbarbarimento linguistico con l’uso di termini impropri ed imprecisi.
Dalla nave ci siamo trasferiti nei locali dello Sporting Club, ove ci siamo trattenuti a colazione, per poi passare alla visione di alcuni filmati della Stella Polare nell'anno addestrativo 1965-66. Poiché il Comandante Cozzo era nostro ospite, a tavola eravamo in diciassette: esattamente lo stesso numero in cui ci eravamo trovati a bordo durante la nostra Giraglia; e questo ci è ovviamente apparso di eccellente auspicio per l'andamento del nostro breve raduno, che in effetti è risultato per tutti sommamente soddisfacente.
Ma non si è trattato solo di una manifestazione di nostalgiche rimembranze da parte del nostro equipaggio piuttosto datato. Dall'incontro fra due generazioni temporalmente distanti di un buon mezzo secolo, si è sorprendentemente evidenziata un'altra realtà decisamente incoraggiante: quella di un giovane Comandante e del suo ancor più giovane equipaggio che ci hanno riservato un'accoglienza accuratamente preparata in ogni dettaglio e caratterizzata da una signorilità ed un savoir faire certamente non inferiori agli standard cui eravamo abituati noi stessi, secondo le buone vecchie tradizioni della Marina dei nostri tempi.
In definitiva il nostro cinquantenario ci ha mostrato che, nonostante la difficoltà dei tempi, nonostante l’eclissi di molti dei nostri valori, nonostante le incertezze di cui sono vittime le nuove generazioni, nonostante la diversa composizione degli equipaggi, in parte più giovani ed ingentiliti dalla presenza femminile, non vi sono sostanziali differenze fra lo spirito che ci animava e quello che abbiamo trovato a bordo. Se la nave è ora una splendida cinquantenne, ammirevole sotto ogni aspetto, permane soprattutto valido quel motto che le è stato dato per sottolineare che, al di là della forza del vento, solo i suoi uomini (ed ora, ovviamente, anche le sue donne) possono conferirle la propria forza d'animo ed il proprio valore:
“Ex vento vis, in viris fortitudo”.
Note
[ 1] Vedasi ad esempio: W.L. Rodgers, Greek and Roman naval warfare - A study of strategy, tactics, and ship design from Salamis (480 b.C.) to Actium (31 b.C.), Annapolis, United States Naval Institute, 1964, p. 538
[ 2] Si tratta delle guerre Sicula (40-36 a.C.), Dalmatica (35-33 a.C.) ed Aziaca (32-30 a.C.).
[ 3] Inverno 37-36 a.C.
[ 4] Serv. Aen. 8, 682.
[ 5] Dal pieghevole divulgativo edito dallo Stato Maggiore della Marina nel 1965.
[ 6] Entrato in servizio nel gennaio 1961, il Corsaro II aveva effettuato la sua prima crociera addestrativa sotto il comando dell’allora Capitano di Fregata Agostino Straulino, partecipando alla “Transpacific Race” da Los Angeles ad Honolulu (2.225 miglia).
[ 7] “Rispetto al Corsaro II, la Stella Polare è 46 cm. più lunga e 2 cm. più larga, ha 2,5 tonn. di zavorra in chiglia in più; dei due alberi in duralluminio, quello di prora è più corto di 65 cm., la superficie velica media è superiore di 7 mq., il maggior triangolo di prora consente l’impiego di uno spinnaker di maggiore ampiezza ...” (dal mensile Notiziario della Marina, settembre 1965, pp. 48-50).
[ 8] Tale efficiente predisposizione, nata per i missili Polaris ma adattabile ad altri vettori, ebbe una rilevante funzione dimostrativa, contribuendo indirettamente alla deterrenza.
[ 9] Centro Applicazioni Militari Energia Nucleare (1955-1985), istituito dalla Marina Militare nell’ottica dei suoi progetti di unità navali a propulsione nucleare.
[10] Una posizione di avanguardia che, per nostra fortuna, si è mantenuta e consolidata fino ad oggi.
[11] Guardiamarina Aldo Baffigo (Pubbliche relazioni e documentazione), Domenico Carro (Ufficiale di rotta), Federico Donvito (Servizio sicurezza), Emanuele Falletti di Villafalletto (Servizio TLC), Sandro Pancrazzi (Servizio marinaresco) e Gualtiero Scoles (Servizio dettaglio); Sottotenenti G.N. Alberto Ascenzi (Servizio G.N. - Elettrico) e Gianni Buonanno (Servizio scafo).
[12] Hanno fornito un contributo formidabile gli Aspiranti Luigi Croce e Luciano Guglielmini. Gigi Croce, in particolare, era Campione europeo della classe Star (1963) ed era destinato a vincere, sempre sulle Star, la prestigiosa “Coppa Nordio” (1969) ed il Campionato Italiano (1970), nonché a partecipare all’Olimpiade in Giappone (1972).
[13] T.V. Enrico Salvatori, Sgt. N. Salvatore Zermo (Nostromo), Sc. Rt. Vito Lozupone (Radiotelegrafista) e N. Adriano Pregnolato (cuoco).
[14] Il Comandante Basile era destinato ad assumere per due volte il comando della Stella Polare ed a riportare con entrambi gli equipaggi due memorabili successi in ambito internazionale, arrivando primo sia alla Giraglia del 1966, sia alla regata transatlantica da Bermuda a Travemünde del 1968.
[15] Giancarlo Basile, Il primo Comando di nave a vela, Notiziario CSTN 34, pp. 2-5 (paragrafo “Da La Spezia a Cannes”).
[16] Direzione dello Sport Velico della Marina, istituita nel 1935 dal sottosegretario di Stato per la Marina, ammiraglio di squadra Domenico Cavagnari.
[17] Dei Corsari (ormai tutti promossi al grado superiore) si aggiunsero i Sottotenenti di Vascello Roberto Storti, formatosi sul Corsaro II, e Dino Saitto, provetto skipper, mentre dal complemento proveniva il S.T. Com. Pierluigi Basile.
[18] Giancarlo Basile, La Giraglia del record, Notiziario CSTN 23, pp. 2-5.
[19] La Scuola Navale Militare "Francesco Morosini" di Venezia.
[20] Giancarlo Basile, Il vocabolario del velista, Editrice Incontri Nautici, Roma 2009, 326 p.
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