Caratteri generali della colonizzazione ellenica.
Nella penisola greca la terra coltivabile é cosí scarsa che dopo poche generazioni tutte le popolazioni dedite all'agricoltura ne sentono l'insufficienza e avvertono con urgenza il desiderio di procurarsene una maggiore quantità. Questo desiderio poteva essere appagato in due modi: o tentando di conquistare altra terra a spese del vicino (cosí fecero gli Spartani con la Messenia), e un gran numero di guerre locali furono condotte in Grecia con questo scopo, o alleggerendo la pressione demografica mediante l'emigrazione di un parte della popolazione verso nuove terre. Già i Greci Micenei avevano sentito questa necessità ed avevano colonizzato le isole dell'Egeo, Creta, Cipro ed una parte della costa dell'Asia Minore. Poi l'invasione delle stirpi nordiche in Grecia aveva provocato un popolamento eccessivo che non solo spinse una gran parte della vecchia popolazione a raggiungere i compagni di stirpe oltremare e nelle isole, ma mosse anche schiere dei nuovi invasori ad oltrepassare le regioni già colonizzate e ad insediarsi nelle Sporadi, a Creta e sulle coste della Caria.
La sovrappopolazione dell'Ellade ed il problema di porvi rimedio e di trovare i canali attraverso cui avviare il sovrappiú costituisce una caratteristica costante e fondamentale della storia greca che si manifestava nella frequente esposizione del neonati, nella piú brutale lotta per l'esistenza fra le comunità ed in una continua espulsione di parti della popolazione. Il fenomeno della colonizzazione ellenica si manifestò piú estesamente tra il 750 ed il 550 a.C.. Nel corso di questi due secoli gli emigranti Greci presero possesso di estese parti delle coste e di numerose isole del Mediterraneo, per lo piú occupate da barbari senza storia, fondandovi colonie e mettendo in atto una poderosa espansione della sfera della civiltà ellenica i cui limiti furono oltrepassati solo da Alesssandro Magno.
Quando, in qualche luogo, una parte della popolazione avvertiva il desiderio o era spinta dalla necessità di emigrare verso una località che dei naviganti avevano descritto come adatta alla colonizzazione, prima di tutto si andava a chiedere l'approvazione del Signore delfico Apollo. Non era peró infrequente il caso che questi, per porre rimedio a lotte interne (delle quali l'Oracolo doveva essere già a conoscenza in virtú del fatto che molte erano le notizie che esso apprendeva da tutta la Grecia attraverso coloro che si recavano a Delfi per consultarlo), di sua iniziativa consigliasse la fondazione di una nuova colonia. Per lo piú erano i figli cadetti, condannati a restare esclusi dalla proprietú, a voler abbandonare la patria e parecchi, appartenenti al ceto piú povero o che si erano impoveriti e quindi venivano esclusi dalla società aristocratica, partecipavano alla spedizione alla ricerca di una sorte migliore. Essi si imbarcavano sotto la guida di un capo designato o riconosciuto dall'Oracolo di Delfi, l'archegetes, e una volta giunti alla meta, inizialmente prendevano possesso, di preferenza, di un luogo sopraelevato a poca distanza dal mare che assicurasse loro la difesa dalle popolazioni indigene. Quando il luogo era stato reso sicuro con fortificazioni e munito di sufficiente supporto logistico, aveva inizio la conquista del territorio circostante che non sempre però si svolgenza con operazioni belliche contro le popolazioni locali, ma spesso per mezzo della stipulazione di patti amichevoli. La terra felicemente acquistata veniva misurata e ripartita in lotti, quegli dei il cui culto era stato indicato da Apollo ottenevano una parte del territorio comune per i loro santuari ed anche il capo della spedizione aveva una parte speciale. Come fondatore (eciste) del sacro ordinamento di una nuova comunità, già da vivo appariva un uomo superiore, e, dopo la sua morte, la sua tomba godeva di un culto eroico.
La colonia politicamente, non era una diretta dipendenza della madrepatria, ma una comunità autonoma che restava legata alla città madre soltanto dai sacri vincoli del sangue e della pietà. I coloni portavano con loro il fuoco pubblico e inoltre l'ordinamento in file e, generalmente, anche le forme sociali, politiche e religiose nonché il regime aristocratico oppure, quando esisteva ancora, la monarchia. Anche nel computo del calendario, sancito dalla religione, si seguiva l'uso della madrepatria. In condizioni normali questo rapporto di pietà non si spegneva mai. Se un giorno una colonia , da parte sua, intendeva fondare una filiale, spesso mandava a prendere l'eciste dalla sua città madre e chiedeva anche un ordinatore quando nella sua costituzione era subentrata la confusione.
La fondazione di Cirene.
Di pura origine dorica era una colonia sulla costa africana: Cirene città eponima dell'intera regione. La località, forse già visitata da Greci in seguito al grande movimento migratorio, verso la metà del VI secolo a.C., accolse coloni dell'isola di Tera, un tempo occupata da Dori dell'Argolide e della Laconia. Oltre ai consueti prodotti agricoli e al vino, il terreno qui produceva la pianta del silfio il cui succo prezioso diventó presto un prodotto ricercato in tutto il mondo greco. La posizione isolata sulla costa africana, con il suo entroterra che si perde nel deserto invalicabile, costringeva, in generale a mantenere rapporti pacifici e anzi a legarsi e a mescolarsi con i nativi Libici, dalla cui lingua molte parole penetrarono nel dialetto dei coloni. Sembra che lo stesso nome di Batto portato dall'eciste e da alcuni re suoi successori non fosse altro che il titolo dei principi libici, ciò che del resto, non impedí che i Battiadi, i quali conservarono la dignità regale sini al V secolo si sentisseri puri dori. Per i Cirenei non mancarono naturalmente lotte continue contro le tribú libiche del deserto e nel VI secolo essi dovettero difendersi anche dai faraoni. Ciò nonostante la città poté sostenersi nella sua posizione avanzata tanto che verso il 550 a.C. degli emigranti di Cirene fondarono Barce a pochi chilometri ad ovest di Cirene. L'isolamento comunque impose di curare con zelo raddoppiato le relazioni con la madrepatria ellenica, ai cui agoni e alle cui feste religiose essa prendeva parte vivissima.