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di Paolo Scapuzzi

Articolo pubblicato sulla rivista Il Sommelier Italiano numero 42 di Dicembre 2001/Gennaio 2002
(qui riprodotto per gentile concessione dell'autore)


Un sommelier che decida di fare una gita in Normandia per approfondire le proprie conoscenze può, a buona ragione, essere preso per matto o, nella migliore delle ipotesi, per un sommelier mediocre. In Normandia non si fa vino di qualità e questo è un fatto incontrovertibile.
Se invece il suddetto sommelier decide di andare in Normandia per ampliare le proprie conoscenze nel campo eno-gastronomico, allora è tutto un altro discorso, perché in questa bella regione del nord ovest della Francia scoprirà un mondo il cui interesse è spesso sottovalutato.
Il campo d'azione del sommelier, peraltro, si è notevolmente ampliato e le bevande che è opportuno conoscere per far fronte alle esigenze di palati ogni giorno più smaliziati, sono diventate sempre più numerose.
La Normandia in ogni caso, inutile negarlo, è soprattutto nota per lo sbarco alleato del 6 giugno del 1944 ed i nomi di Omaha, Juno, Gold, Utah sono più conosciuti di quelli delle belle cittadine come Arromanches, Bayeux, Benouville e tante altre. I Francesi, e soprattutto i Parigini, che invadono questa regione ogni week-end, la conoscono per la struggente bellezza della campagna, per le spiagge lunghissime, per il verde lussureggiante a causa delle frequenti piogge, per le vacche marrone pezzate, i meli e la panna: ecco la realtà pratica della Normandia.
Bisogna fare qualche precisazione, i meleti sono numerosi ma sono i frutteti in genere, pieni anche di peri, susini, ciliegi che rendono famosa questa regione. La produzione lattiera è considerevole e la regione è giustamente orgogliosa di fornire, nei suoi cinque dipartimenti, latte, burro e formaggi di qualità superiore. Quanto alla pioggia, i Normanni l'hanno integrata nel loro modo di vita e per alcuni, le grigie scogliere, il mare argentato e le praterie verdi si accostano bene al colore plumbeo del cielo. La città, la campagna ed il mare, c'è tutto e in più i Normanni si vantano d'avere due capitali: Rouen e Caen che conservano patrimoni artistici considerevoli e vecchi quartieri ben preservati nonostante il passaggio della guerra.

cartelli

La Normandia rappresenta una reale entità storica che si è mantenuta unita nel corso dei secoli e che anche la Rivoluzione ha rispettato nonostante la divisione in cinque dipartimenti. Nel 1956, all'epoca della creazione delle attuali 22 regioni in Francia, fu deciso di suddividerla in due soli dipartimenti l'alta Normandia con capoluogo Rouen, che racchiude la Senna-marittima e l'Eure, e la Bassa Normandia, più rurale con capoluogo Caen e che racchiude la Manche, il Calvados e l'Orne.
La Normandia è anche la patria di Gustave Flaubert, Guy de Maupassant e di Corneille legati per nascita alla città di Rouen.
È con questi presupposti che ci si può accingere a fare un bel giro tuffandosi nella cultura e dimenticando il vino e tutti i suoi derivati.
Questa regione però ci riserva una vera sorpresa quando inaspettatamente c'imbattiamo in un'indicazione cui siamo abituati in tutte altre ambientazioni, una strada non del vino ma del sidro. Già qualche tempo fa' si è parlato del sidro sulle pagine di questa stessa rivista perché c'è un coraggioso produttore del sud dell'Italia che si è dedicato a questa bevanda sulle cui caratteristiche vale la pena soffermarsi soprattutto perché in Normandia esso è utilizzato, non tanto per un consumo diretto come invece avviene in Bretagna per accompagnare degnamente le crêpes, bensì come base per un sublime distillato noto come Calvados.


La produzione del sidro e del Calvados

Sembra superfluo, anzi quasi offensivo, precisare in questa sede che il sidro è fatto con le mele, ma ormai questa bella rivista è letta non soltanto dagli addetti ai lavori ed allora questa premessa può essere utile.
Le mele sono naturalmente quelle utilizzate per la produzione del Calvados, sono originarie del Pays d'Auge - piccolo territorio della Normandia - e sono: la Saint Martin, la Binet, la Noël des Champs, la Mettais e la Dolce Normandia, ognuna con una ben precisa caratteristica gusto-olfattiva; c'è la dolce, l'acida, l'amara e la profumata. I suoli, marne e calcare marnoso, fanno sì che gli alberi e i frutti abbiano uno scarso sviluppo.
Un produttore normanno, Maître Dupont, ci ha aiutato a comprendere bene come si svolgono le varie fasi della lavorazione delle due bevande.
Le mele sono raccolte a mano tra settembre e novembre, effettuando fino a tre passaggi secondo il loro grado di maturazione, e poste a "raggrinzire" in grandi casse di legno aperte chiamate "palloxes". Dopo tre o quattro settimane, quando si è raggiunta la massima concentrazione aromatica, si procede alla macinatura e la polpa è lasciata riposare per qualche ora in modo da estrarre gli aromi che, come per l'uva, si trovano sulla buccia. A questo punto si procede ad una lenta pressatura soffice, con lo stesso tipo di pressa che si utilizza in enotecnica, per ottenere il succo di mela; la resa è intorno ai seicento litri di mosto per tonnellata di mele. Il mosto passa in vasche d'acciaio dove comincia una prefermentazione a temperatura controllata nel corso della quale la "pectina", sostanza in pratica sconosciuta in enologia, sale verso l'alto formando un cappello scuro e piuttosto consistente, ma lasciando la parte liquida completamente chiarificato. Il mosto limpido, estratto dalla parte inferiore delle vasche, viene travasato e comincia la fermentazione vera e propria che prosegue per alcune settimane. Quando il residuo zuccherino raggiunge circa i 30 grammi/litro si procede all'imbottigliamento, la fermentazione continua dando luogo ad una presa di spuma - come si direbbe per lo champagne - "con metodo tradizionale". Diversamente a quanto attuato per lo champagne, le bottiglie vengono conservate in posizione verticale per essere successivamente messe in commercio senza effettuare il "dégorgement". La presenza dei lieviti all'interno della bottiglia, se da una parte presenta l'inconveniente di avere all'apertura un liquido non perfettamente limpido, dall'altra consente al sidro di migliorare col tempo - se conservato a temperatura inferiore ai 15°- in aromi e consistenza della spuma. La maggior parte del sidro di qualità, quello con una consistente carica aromatica, continua a fermentare per circa due mesi, lasciandolo il più a lungo possibile sulle proprie fecce al fine di evitare tutte le possibili deviazioni aromatiche. E' una tappa importante per lo sviluppo del "fondu" del Calvados.

alambicco

La distillazione del "fondu" avviene in un alambicco a vapore seguendo regole precise tutte volte ad ottenere il migliore risultato aromatico, vale a dire a non perdere nessuno degli aromi caratteristici estratti con tanta cura dalle bucce dei vari tipi di mela e trasferiti nel sidro.
Ogni produttore conserva con cura i segreti della propria tecnica di distillazione ma, in linea generale, si seguono questi passi: la prima distillazione produce la "petite eau", con una gradazione alcolica intorno al 30% vol. ma che contiene tutti gli elementi che determineranno la qualità del prodotto finale. In un secondo passaggio, chiamato "bonne chauffe", si distilla la "petite eau" e, eliminando la testa, che contiene alcoli troppo forti, e la coda, che ne contiene di deboli e privi di finezza, si ottiene il Calvados ovvero il "coeur de la bonne chauffe", con una gradazione alcolica compresa tra i 60° e gli 80°. Il distillato è ora pronto per l'invecchiamento e per questa fase, al fine di esaltare la complessità degli aromi, è basilare la scelta delle botti. La quercia è sempre il legno preferito, ma naturalmente non una quercia qualunque, quella cresciuta su suoli rocciosi conferisce all'acquavite un forte gusto di catrame, oggi si preferisce quella cresciuta su terreni sabbiosi poiché rilascia un più gradevole gusto di vaniglia, soprattutto se sottoposta ad un'accurata tostatura.
Il passaggio in barriques nuove dura circa tre mesi, sufficienti perché il Calvados si arricchisca di profumi ma non abbastanza per mascherarne il gusto originale. L'affinamento prosegue quindi in barriques più vecchie dove avviene un'evaporazione naturale dell'alcol che - nell'arco di tre anni - porterà ad una gradazione di 42°, senza l'aggiunta di acqua distillata precisa Maître Dupont, conservando quindi tutto l'aroma e tutta la vivacità di questo nettare normanno.
Nel ciclo dei vegetali i frutti vengono dopo l'albero, nell'affinamento delle acquaviti avviene il contrario, gli aromi della mela si trasformano in sentori di bosco e minerali ed il Calvados, invecchiando, ritrova le sue radici.


Il "cidre bouché", come lo chiamano qui, è peraltro consumato in gran quantità, sia come bevanda sia per accompagnare piatti semplici ma gustosi come il pollo allo spiedo, per esempio, ma anche e soprattutto con i formaggi che qui in Normandia sono particolarmente fini grazie alla superiore qualità del latte.
Una delle linee guida degli abbinamenti cibo-vino, soprattutto per i piatti della tradizione, suggerisce di utilizzare i vini della regione; anche qui, in mancanza di vino, si ricorre ad una bevanda originaria e caratteristica del territorio. Lo scambio tra un Saint-Émilion ed un "cidre bouché" da abbinare ad un formaggio come il Camembert potrà suscitare qualche perplessità ed allora proviamo piuttosto un buon Calvados con un altro formaggio come il Livarot, forse avremo scoperto nuovi orizzonti gastronomici. Se invece siamo dei tradizionalisti potremo accontentarci di accompagnare ancora altri formaggi come un Pont-l'Evêque con un Pomerol e un Neufchâtel con un Saint-Emilion.

I Formaggi

La Francia è conosciuta per la qualità e per il gran numero di varietà di formaggi, lo sanno anche i bambini, ma forse non è altrettanto risaputo che alcuni dei più noti formaggi francesi sono originari proprio della Normandia.
Camembert è sinonimo di formaggio francese, ma anche Pont-l'Evêque, Livarot e Neufchâtel, questi i quattro più noti prodotti della regione, tutti fatti con latte vaccino che, dati i verdi pascoli conseguenti al clima piovoso e nutrimento delle tipiche vacche marrone pezzate normanne, è particolarmente ricco e fine. Il latte utilizzato, inoltre, è sempre rigorosamente crudo, anche se, a causa delle direttive europee sull'igiene, alla fine i produttori si dovranno arrendere e le lavorazioni a base di latte pastorizzato prenderanno il sopravvento. Tutto questo a scapito sicuramente della genuinità, della qualità, della tradizione e a vantaggio, forse, di un'inezia in più di igiene.

Il Camembert:
è quasi certamente il più conosciuto dei formaggi francesi, appare quotidianamente sulle tavole di molti cugini d'oltralpe, a pasta molle e a crosta "fiorita". Già nel 1680, come riportano gli archivi del villaggio di Camembert, su questo territorio si fabbricava un formaggio, quello che conosciamo oggigiorno è però stato inventato da Madame Marie Harel ai tempi della rivoluzione. Con l'aiuto di un prete fuggiasco, che si nascondeva nella sua fattoria, mise a punto, nel 1791, un formaggio originale che accomunava le caratteristiche di quello preesistente e dell'altrettanto noto Brie. Nel 1880 infine, l'Ingegner Ridel ebbe l'idea di imballare il Camembert nella scatola di corteccia che gli consente di sopportare perfettamente il trasporto e di essere quindi esportato. Nel 1983, in deroga alle direttive europee, per il Camembert de Normandie AOC, viene sancito l'utilizzo di latte crudo messo a cagliare con i lieviti. La cagliata viene poi modellata in forme di 10-11 cm. di diametro e 3 cm. di spessore che vengono messe inizialmente ad asciugare per circa cinque ore e successivamente sistemate su graticci per lo sgocciolamento che dura circa una giornata. Il formaggio è quindi pronto per essere affinato per almeno 21 giorni durante i quali viene rivoltato ogni 48 ore, la sua crosta assume l'aspetto bianco e vellutato a causa dello sviluppo del "pennicillum candidum", la pasta diventa morbida ma non molle, di colore dal bianco al giallo chiaro ed il sapore diviene fruttato. Il Camembert, non quello AOC, viene prodotto anche in altre regioni e altre nazioni, ed allora lo si serve su un'insalata verde con olio di noci o di arachide (mai olio d'oliva) e qualche goccia di aceto di sidro. La suddetta pratica vale per prodotti medi che hanno bisogno di essere aiutati, il Camembert da competizione basta a se stesso, eventualmente si accosta a un buon pane di campagna.
L'abbinamento è problematico, se il Camembert è veramente buono dimenticate il vino che, se è mediocre servirà soltanto a sciacquare la bocca, se è grande, allora i due protagonisti si faranno del male tra di loro. Ci sono solo due possibilità che hanno lo stesso scopo: apportare un po' di fruttato, o con un buon sidro brut o con un gewutztraminer alsaziano, in quest'ultimo caso saranno due grandi solitari che faranno la strada insieme in reale armonia.

Il Livarot:
è un componente essenziale di un buon piatto di formaggi normanni, è più antico del Camembert perché le sue origini risalgono al XVII° sec. ed è protetto da un'AOC dal 1975. Anch'esso proviene da latte crudo cagliato con i lieviti ed è confezionato in forma tonda da 7 a 12 cm tenuta insieme da cinque lacci di giunco che sembrano i galloni sulla manica di una giacca militare, da qui il soprannome di "colonnello". Ha una pasta morbida che si fonde in bocca, è affinato per circa un mese nel corso del quale viene lavato e salato almeno tre volte su tutta la superficie. Il problema dell'abbinamento si ripresenta, ma qui per i Normanni non ci sono dubbi, si va direttamente al Calvados o, eventualmente al Pommard, liquore da aperitivo ottenuto miscelando il Calvados con il sidro brut.

Il Pont-l'Evêque:
simile al Livarot, se ne differenzia per la forma quadrata e per la lavorazione che prevede una pressatura della cagliata per favorire lo sgocciolamento che ha una durata di circa 5 giorni. Le forme sono messe ad affinare per due settimane nel corso delle quali il formaggio viene lavato e salato regolarmente. La pasta diventa cremosa e gialla con un gusto piuttosto pronunciato.
E' forse il formaggio più antico poiché le sue origini si fanno risalire al XII° secolo ad opera dei monaci che lo fabbricavano sotto il nome di "angelot". Per il Livarot, come per gli altri, si pone l'interrogativo amletico "mangiarli con o senza la crosta", in Normandia vi consiglieranno sempre di non privare la degustazione di questa importante componente, comunque sia, sempre per i Normanni, se doveste decidere di togliere la crosta, assicuratevi che ci sia un cane nelle vicinanze perché per questi nostri amici a quattro zampe questa rappresenta un boccone ghiottissimo. L'abbinamento qui è meno problematico e, oltre all'immancabile "cidre bouché", anche il vino è accettato: un Pomerol, un Volnay o un Bourgueil.

Il Neufchâtel:
è il più antico formaggio normanno poiché se ne trovano notizie fin dal 1035, viene prodotto nella tradizionale forma a cuore le cui origini sembrano risalire ai tempi dell'occupazione inglese della guerra dei cent'anni; il formaggio veniva offerto nel giorno di San Valentino, dalle ragazze che si innamoravano dei soldati inglesi. Poco conosciuto al di fuori della Normandia e ancor meno all'estero in quanto la sua pasta delicata mal sopporta il trasporto, soprattutto nella versione "fresco e non salato". Normalmente l'affinamento dura dai 10 giorni alla due settimane ed é pronto al consumo quando la crosta diventa bianca e vellutata.
Anche in questo caso l'abbinamento consigliato accetta, come alternativa al "cidre bouché", un buon vino di corpo come il Saint-Emilion.


Quelli citati sono tutti formaggi fatti con latte vaccino perché i Normanni sono attaccatissimi alle tradizioni e sono pochissime le eccezioni che si lanciano in esperimenti innovativi ma quando lo fanno riescono ad ottenere risultati molto interessanti, anzi piuttosto singolari come chi decide di introdurre le capre in Normandia.

Un personaggio eccezionale

E' una domenica mattina e nel villaggio di Cambremer, poche centinaia di anime, si svolge il mercatino all'antica e in mezzo a tanti artigiani, vestiti in abiti tradizionali, che mostrano come si costruivano gli attrezzi agricoli o come si tostava il caffè, e tanti piccoli produttori di cose genuine e rigorosamente biologiche, c'è un personaggio veramente singolare. Maître La-Motte é probabilmente l'unico produttore di formaggio di capra in una regione che per secoli ha prodotto solo e soltanto formaggi, grandissimi, di latte vaccino. Jean La-Motte, 39 anni, moglie e quattro tra figli e figlie, ingegnere chimico ben inserito in una grande industria, dopo avere consultato la moglie decide di averne abbastanza, di lasciare tutto e installarsi in Normandia, non senza lanciare una sfida: se l'erba è buona per fare formaggi vaccini, dice la sua esperienza di chimico, è buona anche per fare quelli di capra.
I risultati gli hanno dato ragione, ma la cosa più straordinaria e che questo ha consentito a lui e alla sua famiglia di trovare una vita equilibrata e serena, la sua produzione è limitata ed è già tutta prenotata con largo anticipo. Naturalmente ci sarebbero i presupposti per far crescere l'azienda, ma Maître La-Motte non la pensa così, le sue quarantacinque capre gli permettono di avere una produzione artigianale a livello superiore e gli resta il tempo per insegnare arti e mestieri tradizionali alla scuola locale ed infine per due settimane di vacanza all'anno in una località assolata.
Una posizione accettata con ammirazione da tutti, anche dai suoi concorrenti, che riconoscono in lui un coraggio, che manca alla maggioranza, di vivere in armonia con l'ambiente e i suoi ideali di vita.


sidro

Come si è detto, quella di cui si è parlato è una regione che ispira una vita semplice e rilassante, un ritorno alle origini e alle tradizioni, la fuga, insomma dallo stress del lavoro forsennato e delle difficoltà quotidiane che si incontrano nelle grandi città, e non solo. Una regione che ben può ospitare Maître Dupont che preferisce lasciare il suo Calvados a smaltire l'alcol per anni piuttosto che addizionarlo con acqua distillata per venderlo prima, o Maître La-Motte che lascia il suo lavoro di ingegnere chimico per produrre formaggio di capra e insegnare ai bambini come si fa il pane o come si munge una mucca o i movimenti delle danze tradizionali normanne.
Amici sommelier, se avete visitato tutte le regioni vitivinicole d'Europa, o anche in alternativa a quelle meno significative, non mancate di fare una capatina in Normandia, ne vale la pena magari andando a conoscere questi straordinari personaggi.



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