LUIGI CARRO Trascrizione di alcuni suoi poemi |
Sommario: ORE VUOTE: poemetti in prosa e versi:
TRISTIZIE D'AMORE: versi della romanza omonima. |
È santa però l'ora al diletto spiritual sacrata. L'AUTORE |
« A mia figlia: « Fu un sotterfugio l’averti tante volte detto in mia vita che tu eri consacrata « al Signore. Il vero si è che un tuo avo morì folle ed io muoio di mal sottile; nelle « tue vene quindi vi è il germe di due mali terribili. Non passare a nozze, te lo « scongiuro: risparmia all'umanità sofferente una prole disgraziata. « Addio - Tua madre ».
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Sul tuo crin fanciulla bruna posi languido, fremente il bel raggio de la luna; e l'albor del sol nascente fa che ti baci in fronte. Di palmizi, rose e tigli è quaggiù caduco il serto più dei pampini e dei gigli vive eterno ognora certo il bacio dell'amore. |
Simbol sei di chi geme caro amato crisanteme di tristizia e gioia insieme già la tua corolla è seme. Sull'avel de la mia bella deh sciogli in tua favella il linguaggio del dolore, ch'è la nenia del mio core. |
Nobile dama da le vermiglie gote, che di bellezza ognor fugace altera vai, nel dare cibo al tuo ricciuto cane ti sovvenga omai, che pur nel mondo havvi una gente priva di pane. E quando ancora pigramente dimeni il tuo bel corpo tra le soffici coltri, ricorda allora da quel tuo letto che pur nel mondo havvi una gente priva di tetto! E dopo il tripudio di una festosa danza, nell'ora vuota in cui ti vince la crudele noia, deh! pensa allora che vi son cuori pur senza gioia! |
Gorgeggia l'onda che lassa e stanca, placida e bianca bacia la riva. Sento il suo fremito, la miro estatico. Dessa è la mistica voce del mare, che dice al mondo: Bello è l'amare! Spumeggia irata di santo orgoglio, inver lo scoglio batte e s'infrange. Odo quel gemito che il cor rabbrivida. E l'onda gelida che l'alga irrora, carezza e bacia, amore implora. |
Del Tevere l'onda Cangiatasi è in sangue Lo zuavo che langue Per morte nel sen. Sei culla di forti di prodi e di re: lo dicono i morti caduti per Te. D'Italia sul capo Fluente è la chioma: Quel capo è la Roma Dei prodi e dei re. Sei culla di forti di prodi e di re: lo dicono i morti caduti per Te. |
Vuoi tu, lettor cortese pur senza tante spese goder dell'allegria? va pure in Galleria. È bellamente ornata d'or fino pavesata. È ricca d’ornamenti, vi si cammina a stenti, specie in certe ore, di svago alle signore. Ve n'è per tutt'i gusti, per peccatori e giusti. Libri, scarpe e ciambelle oggetti d'arti belle, liquori e paste fine, brillanti da regine, torron di Casapulla; colà non manca nulla. È un genial ritrovo che pare sempre nuovo. Vi trovi lo studente, eppur chi studia niente, il prete ed il dottore, il cuoco ed il signore, il grasso provinciale, l'elegante ufficiale, il sarto e la modista, l’ardente socialista, il comico e l'artista il bravo musicista. Ma pur fra tanta gente vi è il tutto e pure il niente. Oh! quanti visi arcigni di spiriti maligni. Che folla di sapienti che puzza di saccenti che dall'aria di prenci sol nel cappello a cenci fan riposare l'arte cui hanno indegna parte. Non cantan là gli uccelli, v'è il frizzo dei monelli che unito agli strilloni che sempre giovialoni vendendo carte e chiacchiere rompono pur le nacchere del rispettabil mondo che tollera giocondo. Dimmi or, lettore amato, se ancor non ti ho seccato, lascierai qualche altra via per recarti in Galleria? Ha l'incanto di fata quella gabbia dorata! |
Piú gioconda nel sol natura nova Olezzi grati e canti diffondeva. Quest'alma si dischiuse a vita nuova e di gentili battiti fremeva questo mio cor pur vergine d'amore. Le leggiadre fattezze ed il candore d'un'estasi sublime di mia Diva rendevanmi la vita ancor giuliva. Si vestiran di verde i nostri prati, ritorneran le brine e le rugiade gli augelli canteranno innammorati. Ma deh! che in seno un tremito m'invade, ed un pensier fatale l'alma opprime. Resta di Lei quaggiù sol pianto e rime. Non più carezze tenere, ma pene. O valli, fonti e fiori ov'è il mio bene? |