DALLA « STELLA POLARE »
DURANTE LA SUA PRIMA CROCIERA
( INVERNO 1965-66 )


PREMESSA

La prima crociera addestrativa della Stella Polare si è svolta, anche a scopo di collaudo della barca, in piena stagione invernale, fra i primi di novembre 1965 ed i primi di febbraio 1966.
Nel corso della crociera, ai Guardiamarina imbarcati è stato richiesto di redigere, a turno, delle brevi descrizioni delle navigazioni e delle soste in porto. Ecco quelle preparate da me:

- I.   Permanenza a Malta (fine novembre '65)
- II.  Navigazione Trieste-Bari (metà dicembre '65)
- III. Navigazione Ischia-Anzio - Permanenza ad Anzio (ultima decade di gennaio '66)

Parte di questi testi sono stati pubblicati dal Notiziario della Marina. Essi sono qui riprodotti in versione integrale, così com'erano stati scritti 40 anni fa.
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I. PERMANENZA A MALTA

L’arcipelago di Malta ci appare in lontananza, velato nella tenue foschia che accompagna il sorgere delle prime luci del giorno: si tratta d’una visione non priva d’un certo fascino, in cui difficilmente si riconosce la temuta roccaforte, dominatrice del Mediterraneo. Non esitiamo a credere che Gozo, sorella minore di Malta, sia stata, in tempi remoti, la culla della ninfa Calipso.
Ma l’ingresso nel porto ci riconduce bruscamente alla realtà: enormi bastioni di tufo, cannoni, feritoie, muri crivellati dalle schegge, … e poi un ponte, un ponte ormai crollato, di cui non si vede altro che un grosso pilone arrugginito, rimasto li a ricordare il sacrificio di Teseo Tesei e dei suoi sfortunati compagni.

Ci ormeggiamo nel porto di Ta’ Xbiex, a ponente di Valletta, alla banchina dello Yacht Marine, in mezzo a numerose imbarcazioni da diporto dalle più svariate bandiere, ma che recano incisi i soliti nomi femminili con i quali si battezzano tutti gli yacht del mondo.
In mattinata riceviamo a bordo, in visita ufficiale, un certo numero di Autorità militari e civili che ci danno il benvenuto nell'Isola. Durante la nostra permanenza a Malta ci ritroveremo spesso ed in varie circostanze in compagnia di ufficiali italiani ed inglesi. Saremo invitati a partecipare a numerosi ricevimenti ed avremo l’occasione di visitare sontuose abitazioni e Circoli Ufficiali dell’ambiente italiano e ‘Nato’. Ma è proprio in questo primo giorno di sosta nell’isola, in serata, che prendiamo i primi veri contatti con Malta e con i Maltesi. Sono questi che ci interessano di più, per la loro assoluta novità. Abbiamo infatti già letto sugli opuscoli turistici tutto quello vanta quest'Isola, conosciamo la storia dei gloriosi Cavalieri di Malta, sappiamo tutto sulle bellezze naturali ed artistiche che si riscontrano su questa terra, siamo al corrente dell'esistenza di rari capolavori del Caravaggio e di Benvenuto Cellini, ma è soprattutto il contatto diretto con la popolazione locale che vorremmo avere, forse per vedere fino a che punto essa ci è affine.

A bordo di uno sgangherato torpedone d’un verde violento ci rechiamo a La Valletta, la neo-capitale di questo neo-stato indipendente, ed è scendendo per la “King’s Way” che incontriamo i Maltesi. Appartengono ad una razza strana, ibrida. Non sono dei nostri; non hanno nulla a che vedere con i Siciliani. Sono molto più semplicemente il risultato della mescolanza di Fenici, Cartaginesi, Romani, Bizantini, Arabi e Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Castigliani e Spagnoli; Cavalieri Crociati, Francesi ed Inglesi; e di tutti coloro che, nel corso di tanti secoli, si sono trovati volontariamente o per caso a figliare su quest'isola.
Questo miscuglio di popoli vecchi ha creato un popolo ancora più vecchio. La prima impressione che ne riceviamo è quella di una massa provinciale che tenta i suoi primi maldestri passi nel suo nuovo ruolo di popolo indipendente e che vuole mostrarsi evoluta ed “à la page”.

Una enorme folla di una gioventù paesana vestita a festa ristagna lungo la strada: ragazzi con pantaloni strettissimi, stivaletti a punta e tacco alto, capelli lunghi e grassi (alcuni ostentano anche la lunga capigliatura “beatnik”); ragazze con la permanente, rossetto sgargiante, e dalle gonne alte un palmo al di sopra delle ginocchia. Queste ultime occupatissime a passeggiare in gruppetti di due, tre o quattro per volta, a parlare ed a sorridere; mentre i primi, che sembrano non aver nulla da fare, se ne stanno fermi lungo i marciapiedi, pronti a lanciare un sorrisino, un apprezzamento volgare o una carezza audace alle gentili camminatrici. Il tutto crea una confusione estrema e rende oltremodo difficile il progredire in qualsiasi direzione.

Riusciamo tuttavia a raggiungere la “Queen’s Square”, dove ci attende il meglio, il “clou” della serata.
Si tratta di un bar, i cui tavolini occupano gran parte della estensione della piazza, frequentato dagli stessi giovinastri di prima, movimentato dal ritmo e dalle urla di un complessino locale che riproduce il repertorio dei “Beatles”.
Il canto (!) viene amplificato da una ventina di altoparlanti che propagano l’indegno frastuono, con l'arricchimento di varie interferenze che lo rendono forse un poco più armonioso. Sono questi i “circenses” offerti alla plebe per i giorni festivi. E l’aria estatica che traspare dai volti di tutti i presenti ci consente di affermare che sono i più graditi.

Al centro della piazza, dall'alto del suo piedistallo, la Regina Vittoria controlla tutto ciò. È seduta nel suo trono, come si conviene alla sua Maestà Regale, e porge la mano destra leggermente protesa in avanti in un gesto che sembra indicare che, nonostante le apparenze, mantiene ancora sotto controllo tutta la situazione ...
Per noi la cosa non ha una grande importanza. Ci ritiriamo con la massima prudenza ed andiamo a pranzare in un vicino ristorante che ci attira subito perché l'insegna luminosa reca un nome che, in tali circostanze, sembra suonare come la più dolce delle melodie: “Alla Bolognese”.





II. NAVIGAZIONE TRIESTE-BARI

Lasciamo Trieste con un nodo alla gola. La commozione che abbiamo provato in tutti questi giorni di permanenza nella città ci riprende ora, alla vista della folla radunata sulla banchina per salutarci. Siamo certi di non meritare l'affetto ch’essa ci dimostra, così come ci siamo sentiti indegni e meschini in presenza dei morti della III Armata ch’eravamo andati ad onorare.

La partenza viene rimandata di un’ora, poiché speriamo che si alzi un po’ di vento per consentirci di partire alla vela. La giornata è stata infatti insolitamente mite: nessuna traccia della Bora, nemmeno un alito di vento, il cielo incredibilmente sereno ed un sole costante il cui tepore ci ha riportati nell’atmosfera dorata dell'Autunno.
Una lancia a motore battente bandiera jugoslava ci passa sottobordo. Una decina di facce patibolari ci guardano, con aria di scherno.

Finalmente si alza una leggerissima brezza di terra, appena percettibile, quello che il gergo velico suole chiamare una “bava di vento”. Alziamo le vele, un ultimo saluto ad effimere conoscenze, molliamo i cavi e ci scostiamo dolcemente dalla banchina, davanti alla Piazza dell’Unità d’Italia.
Salutiamo la città con rapidi colpi di sirena. Alcune imbarcazioni da diporto del Circolo Adriaco ci accompagnano a vela fino alla imboccatura del porto, mentre il sole tramonta.

E ci troviamo nuovamente per mare, portati da un vento che va gradatamente aumentando, lungo le coste dell'Istria.
Il giorno dopo, all’alba, siamo in vista dello Scoglio Porer, all’estremità meridionale della penisola. Il vento è notevolmente calato, e procediamo a bassa velocità su di una rotta parallela alla Dalmazia. Riconosciamo Unie, Sansego davanti alla più grande Lussino.
Al tramonto siamo ancora davanti alle isole dalmate. Sulla sinistra abbiamo l’Isola Grossa, con la punta delle Punte Bianche, mentre sulla dritta il sole cala sul Monte Conero, lasciandosi dietro un cielo infuocato.

La continua presenza del mare e delle sue meraviglie non ci impedisce di godere di uno spettacolo che sembra comune. Vi è un attimo, dopo il tramonto del sole, in cui è impossibile non inebriarsi della delicatezza delle tinte che ci circondano. Il rosso sanguigno dell’orizzonte degrada dolcemente fino ad un verdino chiaro che si perde successivamente nell’azzurro cupo del cielo crepuscolare. Alcune nuvole molto basse ai stagliano come sottilissime strisce nere sul chiarore lasciato dall’astro. Il mare, a ponente assume invece un colore fra il violetto opaco delle creste delle onde ed il grigio scuro, mentre tutto quello che rimane a levante è ormai avvolto nelle tenebre. E poi vi è Venere, la dea della bellezza e dell’amore, che ha assunto in questi giorni una straordinaria lucentezza, al punto di lasciare sul mare un profondo riflesso d’argento.
La temperatura rimane mite anche dopo il calare della notte, e rimaniamo in coperta ad osservare le stelle filanti ed un satellite artificiale che segue un'orbita pressoché meridiana, poiché passa accanto alla Stella Polare più vicino della stessa Gamma Ursa Minor.

Sull'orizzonte si scorge la luminosità della città di Zara. Durante la notte il vento da Sud ci costringe a proseguire lungo le coste dalmate, e quindi ad effettuare un lungo bordo verso ponente per evitare l’Isolotto Pomo che non è segnalato da nessun faro.
La mattina del terzo giorno avvistiamo lo scoglio e proseguiamo passando tra Pianosa e le Tremiti, con la prora sul Gargano, e lasciandoci dietro Lissa ed il ricordo del “Re d’Italia”.

L'ultimo tratto di navigazione, dal Gargano a Bari, viene percorso a tempo di primato poiché sopraggiunge finalmente un forte vento in poppa a coadiuvare le nostre fatiche.
Qualche disguido; abbiamo appena il tempo di avvistare la boa d’ingresso del porto, e ci ritroviamo ormeggiati alla banchina, all’una di notte, ghiacciati dal gelido vento settentrionale che una strana ironia della sorte ci aveva evitato fintanto che ci trovavamo nell'Adriatico del Nord.





III. NAVIGAZIONE ISCHIA-ANZIO – PERMANENZA AD ANZIO

Il violento Libeccio che ha rattristato il nostro ultimo giorno di permanenza a Porto d’Ischia è improvvisamente calato il mattino della partenza: i cumuli si sono rapidamente dileguati, ed il cielo, singolarmente brillante dopo la pioggia, si è così trovato completamente scoperto, dominio incontrastato d’un sole che mostra tutta l’irritante sfrontatezza della Primavera.
La navigazione riprende con dolcezza, appena turbata dalla oscillazione provocata da qualche grossa onda che ancora non è riuscita a calmarsi. La barca procede sotto la spinta di una brezza leggerissima.

Siamo giunti quasi al termine della nostra crociera invernale in Mediterraneo, e questo mare si è spesso mostrato molto “nervoso” di questi tempi: ci accade perciò talvolta, prima di prendere il largo, di provare un senso di velata stanchezza, un malessere inesprimibile, come se le nostre membra iniziassero a dubitare di poter mantenere quel ritmo e sopportare quegli sforzi che ci sono richiesti dalla navigazione. Ma questi stati d’animo non hanno lunga vita su di una barca a vela: essi vengono completamente dimenticati quando ci ritroviamo nuovamente da soli, sulla nostra barca, a “tu per tu” con il mare, con l’entusiasmo di sempre.

“Vieni un rombo all’orza!”
Ci piace sentirci parlare come i marinai della tradizione. Ci siamo spesso sentiti molto vicini a loro, sulla “Stella Polare”, non certo per la nostra acerba esperienza, ma per le continue lotte che combattiamo contro il mare, per il freddo, per gli spruzzi salmastri che ci sferzano il volto, per le ansie delle notti e per le gioie che abbiamo potuto provare, come loro.
Siamo, certo, in pieno ventesimo secolo; ma il mare è lo stesso, eterno, incorruttibile. La bussola è la magnetica. Le vele, le manovre, la barca si differenziano solo per le migliorie che la tecnica più evoluta ci ha concesso, ma il tutto va tuttora soggetto al capriccio dei venti, che non sono oggi più “galantuomini” di ieri.

In questa navigazione, per esempio, il vento sembra deciso a non collaborare. Procediamo ad una velocità che oscilla fra i due ed i tre nodi, nonostante l'andatura in poppa.
Nel tardo pomeriggio siamo addirittura fermi, ed in serata si alza una tramontanina dritta in prora che ci costringe a bordeggiare tutta la notte fino all’arrivo ad Anzio, il mattino dopo.

* * *

Anzio, per la sua vicinanza con la Capitale, è considerato uno dei porti di Roma: il suo lungomare offre il chiaro aspetto d’un posto di villeggiatura estiva, e non si contano gli innumerevoli ristorantini caratteristici che vantano succulente specialità di mare.
Ma la stagione è ingrata: i locali sono pressoché deserti e per le strade l’animazione è ridotta a quella di una normale cittadina di provincia.

Durante la sosta in questo porto riceviamo in visita alla nave il Capo di Stato Maggiore della Marina, Ammiraglio Michelagnoli, ed il Sottocapo di Stato Maggiore, Ammiraglio Roselli Lorenzini. Ritroviamo il Comandante Straulino che era venuto, a La Spezia, al brindisi augurale prima della crociera, ed egli interviene, insieme alla graziosa figliola Marzia ed a numerosi altri invitati, alla colazione offerta al Circolo della Vela dalla Signora Spaccarelli.

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