Ho rivolto al Presidente della libera Associazione dei Commercianti, Dott. Nicola d’Ammacco, alcune domande sull’attuale momento economico con particolare riferimento alla nostra Provincia.
Il Dott. d’Ammacco, che ha già denunciato, attraverso un’esauriente e coraggiosa relazione, la gravità della situazione della Provincia, richiamando l’attenzione delle Autorità locali e Centrali sulla necessità di affrontare tempestivamente il problema degli approvvigionamenti per l’imminente stagione invernale, ritiene che il vero, onesto e sano commercio, il commercio che ha un’esperienza ed una tradizione, se incoraggiato, potrebbe dare un apporto veramente decisivo alle necessità della nostra popolazione.
Ho chiesto a questo punto al Dott. d’Ammacco quali potrebbero essere, secondo lui, le condizioni migliori perché il commercio tarantino possa realizzare, con pieno successo, un vasto programma di approvvigionamenti.
Occorre innanzi tutto, egli mi risponde, liberarsi della convinzione ormai radicata nell’opinione pubblica che il commercio nero sia una necessità e che senza di esso non si possa vivere. È necessario che le attività dei commercianti abusivi, largamente tollerate ed in alcuni casi protette, passino nella sfera del commercio legale. Per far questo occorre avere il coraggio di ammettere che alcuni generi di esclusivo dominio del commercio nero possano essere liberamente venduti attraverso il commercio legale, il quale dovrà naturalmente essere liberato dal timore di possibili sanzioni.
Mi sa spiegare Lei, continua il Presidente, perché, ad esempio, si debba poter trovare tutto il riso che si desidera presso quel tale o quel tal’altro, in quel portone o in quel sottoscala, a prezzo altissimo senza alcuna garanzia di peso, quanto tale prodotto potrebbe essere venduto alla luce del sole dagli alimentaristi a prezzo ragionevole, evitando al consumatore fastidiosi andirivieni e tortuosi itinerari?
Mi si dirà che il riso è un prodotto razionato. È vero, ma intanto si vende. Anche l’olio è un prodotto razionato, eppure esso ci viene sottratto su larga scala dagli speculatori settentrionali che, per farlo, sono evidentemente incoraggiati dalle loro Autorità.
Prima che si concedesse la libera vendita di taluni generi, occorreva che il consumatore si recasse in certi posti, pregasse, si sottoponesse ad esose richieste di prezzo. Oggi tali generi, sottratti al mercato nero, si trovano dappertutto a prezzi di concorrenza ed il consumatore li compra nei quantitativi che gli occorrono senza l’assillo di farsi la provvista nel timore di non poterli più trovare.
Quando si parla di lotta al mercato nero, occorre essere realisti, occorre strappargli dai rapaci artigli tutto ciò che esso ritiene di esclusivo ed incontrastato suo dominio, occorre legalizzarlo promuovendone il graduale trasferimento nell’ambito del commercio legale.
Lei mi dirà che tutto ciò non è regolare. È vero, ma è altrettanto vero che in tutte le città d’Italia, e nella stessa Capitale, sede del Governo, tutti possono constatare e nei negozi e nelle pubbliche piazze la libera vendita di generi una volta considerati di mercato nero.
Come potrebbe, gli domando, essere accelerato il processo di assorbimento a cui Ella accenna per realizzare la definitiva distruzione del mercato nero?
Nel modo come Le ho detto e, soprattutto, con l’individuare e colpire i protagonisti del mercato nero almeno dal punto di vista fiscale, egli mi risponde. Se presso ogni Comune esiste un elenco di commercianti muniti di licenza, bisognerebbe por mano alla formazione di analogo elenco di commercianti abusivi. Non creda che ciò sia difficile, e l’arma dei Carabinieri, in collaborazione con la Finanza, potrebbe benissimo farlo corredando l’elenco di informazioni dettagliate e trasmettendolo con i dovuti aggiornamenti e per competenza alle autorità fiscali, senza denunce, contravvenzioni o provvedimenti del genere. Tale elenco si potrebbe anche pubblicare, magari affiggendolo negli Albi comunali.
E non mi si venga a dire che questo progetto sia irrealizzabile. È invece realizzabilissimo, come è stato dimostrato dalla Presidenza del nostro Comitato Comunale di Ginosa, che non ha esitato a redigere un elenco di ben sessantuno mercanti abusivi, trasmettendolo poi, debitamente firmato da venticinque commercianti, al Sindaco, al Procuratore delle Imposte di Mottola, al Prefetto e alla Intendenza di Finanza. Come vede, aggiunge il Presidente mostrandomi l’elenco ed il verbale relativo, il numero dei commercianti neri di Ginosa supera quello degli stessi commercianti muniti di regolare licenza. Tale situazione è uguale a quella di tutti i Comuni della Provincia, non escluso – ben s’intende – il Capoluogo.
Do un’occhiata al verbale e all’elenco: i nominativi sono completati della paternità, attività commerciale e numero civico della località di vendita. I generi precisati sono svariatissimi. Si tratta di veri e propri negozi di tessuti, cuoiami e pellami, gomme per auto e benzina, olio e formaggio, profumeria, sapone, vino, indumenti civili e militari, zucchero, riso, alcool, armi automatiche, tabacchi e medicinali. Non riesco a trattenere la mia meraviglia e mi rendo conto che il commercio nero ha ormai una organizzazione veramente poderosa.
Si tratta, riprende il Dott. d’Ammacco, di sessantuno evasori fiscali, di sessantuno vampiri, sleali e indisturbati concorrenti dei commercianti onesti, costretti a subire la beffa dell’usurpazione dei propri diritti e il danno di pagare le tasse per conto di questi messeri, che il Fisco non riesce ad individuare, non riesce a colpire, non riesce a prendere per il bavero e ad inchiodare sul banco degli accusati che, foggiato con impareggiabile maestria per i commercianti legali, sempre gli stessi, si adorna giorno per giorno di sottili e pungentissimi strali inframmezzati da cifre finemente, minuziosamente, implacabilmente incise con i più moderni sistemi pirografici e con ineguagliabile sadismo dai sommi come dai medi e piccoli artefici del Fisco.
Restituire quindi il commercio ai commercianti, strappare l’iniziativa agli speculatori, chiedere la collaborazione delle sane aziende commerciali. Questo occorre fare e con coraggio. E, del resto, continua il Dott. d’Ammacco, ha notato Lei il fenomeno della completa inattività di alcune fra le più importanti e anche medie aziende del Capoluogo nel periodo posteriore all’armistizio? Perché, ad esempio, le Ditte Di Donna, Grimaldi, Biancofiore, La Manna, e tantissime altre hanno preferito tenere gli stigli vuoti, anziché comprare all’impazzata tutto ciò che veniva offerto da improvvisati intermediari, pur essendo sicure di vendere?
Perché queste Ditte hanno un nome e una tradizione da difendere, perché esse non hanno voluto barattare decenni di lavoro con una facile prospettiva di guadagno, perché, soprattutto, non hanno voluto accomunarsi a quella forma criminosa e bastarda di commercio definita “commercio nero”. Queste Ditte, che sono la stragrande maggioranza dei nostri settori commerciali, oggi sono pronte a riprendere il cammino interrotto con serietà ed onestà d’intenti secondo la tradizione del vecchio e sano commercio che s’impernia sulla classica formula del vendere molto con utili minimi per realizzare un massimo di onesto guadagno. E sono esse le sole desiderose di concorrere alla ricostruzione! Respingerle, fingere di ignorarle, rifiutare le loro offerte, negare loro un minimo di aiuto e comprensione, significa volere a tutti i costi il marasma economico e commerciale nel quale la nostra Provincia e l’Italia tutta si dibatte, significa indulgere verso il commercio nero e, peggio ancora, diventare suoi complici.
Posso ora compiutamente rispondere alla Sua prima domanda relativa alla realizzazione di un vasto programma di approvvigionamenti per la imminente stagione invernale, domanda sulla quale, se non erro, è imperniata la presente intervista.
Create le premesse morali e fiscali per la totale distruzione del commercio nero, occorre andare concretamente incontro all’esame e iniziative commerciali stabilendo, di accordo con l’Associazione dei Commercianti che ho l’onore di presiedere, un razionale programma di utilizzazione degli attuali, sia pure scarsi, mezzi di trasporto. Il trasporto delle merci rappresenta, come tutti sanno, il problema chiave della presente nostra situazione. Tutti gli altri passano in seconda linea. Forse però non tutti sanno che il costo del trasporto influisce in misura tale da superare, talvolta, lo stesso costo della merce. Ciascun settore commerciale, da quello tessile a quello alimentare ortofrutticolo, dovrebbe, previ accordi con l’E.N.A.C. (del quale soltanto oggi, ed a seguito delle pressioni del Nord, si annuncia la radicale riforma invano chiesta per oltre due anni dalle categorie economiche delle province meridionali) e la nostra Associazione, godere di una assoluta priorità nell’assegnazione degli automezzi, la cui utilizzazione dovrebbe essere sfruttata al massimo sia nei viaggi di andata che in quelli di ritorno.
Io rivendico alla libera iniziativa dei nostri migliori commercianti il compito di disciplinare e coordinare il movimento delle merci e dei mezzi di trasporto. È necessario a tale scopo scardinare completamente qualsiasi inceppo burocratico da parte di Enti che l’opinione pubblica è costretta a tollerare. Tutt’al più le iniziative potrebbero essere vagliate concretate per grandi settori da un apposito comitato (una specie di stato maggiore economico della Provincia) di autentici esperti, con criteri larghi e di massima aderenza alla realtà, senza lungaggini, senza deteriori e in conclusive discussioni. Tale comitato dovrebbe agire presso la Camera di Commercio, che diverrebbe così veramente l’organo propulsore dell’economia della Provincia, e stabilire:
Tale programma, che potrei definire di importazione, deve subordinarsi, laddove è possibile, ad un analogo programma di esportazione, strettamente condizionato al primo, con modalità da stabilirsi e concretarsi attraverso provvedimenti da richiedere, se del caso, al Prefetto.
Desidero subito, aggiunge il Dott. d’Ammacco, prevenire un Suo sospetto. Qui non si tratta di varare uno dei soliti “carrozzoni” a sfondo più o meno affaristico. La buona riuscita del piano è da subordinare alla totale assenza di qualsiasi inframmettenza da parte di elementi estranei al commercio, di pseudo competenti o di uffici più o meno ministeriali. Niente pastoie, niente bastoni fra le ruote; libertà occorre, libera iniziativa, intraprendenza, fiducia nelle persone da parte delle Autorità. Soprattutto occorrerà guardarsi dalle critiche dissolventi o sapientemente dissimulate, dai suggerimenti tendenziosi e sabotatori dei soliti capoccioni e relative appendici.
Come vede Ella, Presidente, il sorgere e l’affermarsi delle cooperative?
Le dirò subito, che il commercio non ha mai inteso osteggiare il sano movimento cooperativistico poiché in sostanza le cooperative non sono che delle aziende commerciali. Anche in questo campo, come in quello propriamente nostro, occorre distinguere. Ci sono buone e cattive aziende. Noi abbiamo la massima simpatia per le sane aziende cooperative.
Hanno le cooperative apportato un tangibile miglioramento alla situazione, specialmente alimentare, della nostra Città?
Non sembrerebbe, mi risponde il Dott. d’Ammacco, a giudicare dai prezzi che non sono sostanzialmente diversi da quelli praticati dal libero commercio. Le dirò, a questo proposito, che l’Associazione dei Commercianti ha promosso la costituzione fra la categoria dei dettaglianti alimentari di una cooperativa, la C.E.A., che è destinata al migliore sviluppo perché creata, guidata e amministrata da un solerte gruppo di commercianti tra i quali si annoverano elementi di primissimo ordine e di sicuro affidamento. Il Presidente della categoria, Sig. Antonio Gambardella, mi riferisce che la C.E.A. è oggi in condizione di offrire al pubblico alcuni prodotti a prezzi anche inferiori a quelli di altre cooperative. Ciò Le dimostra che le cooperative possono anch’esse esercitare una benefica influenza moderatrice sull’andamento dei prezzi.
È vero, domando, che la Categoria dei Commercianti di Prodotti Tessili e dell’Abbigliamento, riunitasi in assemblea presso la Sua Associazione, ha all’unanimità deciso di non presentare la denuncia obbligatoria delle giacenze prescritta da un recente decreto?
La Categoria a cui Ella accenna, così come è accaduto in tutte le altre Province, ha deciso di soprassedere dalla denuncia in attesa della modifica del decreto assolutamente inattuabile. Le dirò, a tale proposito, che il decreto si prefigge fini essenzialmente fiscali che, se realizzati, provocheranno inevitabilmente un aumento dei prezzi a tutto danno dei consumatori. Ed è questo che noi commercianti non vogliamo perché riconosciamo che il potere di acquisto delle classi lavoratrici ed impiegatizie è ormai stremato. Noi non intendiamo essere perpetuamente accusati del rialzo dei prezzi, specialmente ora che sono stati decisi gli aumenti per gl’impiegati.
D’altronde, a parte i criteri vessatori del decreto dal punto di vista fiscale, è stato notato, dopo la sua promulgazione, un arresto davvero preoccupante del ritmo degli acquisti, fatto questo che aggrava sempre più la situazione degli approvvigionamenti per il prossimo inverno. La nostra Associazione, le Federazioni Nazionali di Categoria e la Confederazione del Commercio non hanno mancato di chiedere al Ministero delle Finanze la modifica del decreto, la cui applicazione scoraggerebbe ogni sana iniziativa e la volontà dei commercianti tessili di contribuire alla ricostruzione economica del Paese. E si noti, aggiunge il Dott. d’Ammacco, che il decreto, oltre al fatto di non essere al momento applicabile nel Nord Italia, dove esistono ingenti quantitativi di tessuti, pare fatto a bella posta per favorire il commercio nero.
Desidero intanto chiudere questa rassegna dei problemi economici della nostra Provincia con alcune considerazioni di carattere generale sullo stato d’animo dei commercianti d’Italia in ordine all’attuale momento. Esse si possono riassumere nei seguenti punti: